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Discussione: 1977

  1. #1
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    1977

    Io avevo 6 anni a quel tempo e non so nulla. Ma fu un anno di casini in Italia. Vi propongo un ascolto sconvolgente che ho trovato in rete: La polizia fa irruzione a Radio Alice e interrompe le trasmissioni (12 marzo 1977).

    Ascoltatelo. E' angoscioso. Sembra finto ma č vero.
    Non č mia intenzione dare giudizi politici sull'episodio ma solo proporvi una cosa che dā una forte emozione.

    http://fucine.com/ospiti/rcdc/alice/irruzione2_12_3.ram

  2. #2
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    io ne avevo 16 di anni... non mi interessavo di politica anche se ho partecipato a diverse manifestazioni... ma ho visto ciō che mi circondava

    in estrema sintesi
    negativo il giudizio sui miei coetanei (infatti si vedono i risultati ora)... sul mondo degli adulti di allora beh negativo all'ennesima potenza

  3. #3
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    In quell'anno avevo 25 anni ed ho una visione un po' diversa dalla vostra, a 16 anni ho vissuto sulla pelle il '68 e a partire da quell'anno fino alla meta degli anni ottanta ci sono stati gli anni di piombo e il mini boom economico.
    Sono stati gli anni dell'amore libero, della droga libera, dell'anarchia politica, della deregulation istituzionale, politica e religiosa, il concetto di famiglia č andato smaterializzandosi, la logica del profitto ad ogni costo ha invaso TUTTI i ceti sociali, anche quelli operai.
    C'č stata la lotta al nozionismo scolastico, di colpo tutto quello che aveva costruito la generazione dei miei genitori ha perso di valore e di significato, la contestazione era entrata nella singola famiglia.
    Eranoi stati attaccati anche i valori partigiani e della resistenza e non vi era alcuna differenza tra l'estrema destra e sinistra, pilotate dai rispettivi partiti dell'arco costituzionale a loro uso e consumo e, quando non erano loro, erano frange o schegge impazzite deviate dei servizi segreti che completavano l'opera.
    A metā degli anni settanta si č stati sull'orlo della guerra civile e del colpo di stato e mi venite a parlare sconcertati dell'irruzione della polizia a radio alice?
    Per caritā, sicuramente sarā stato l'ennesime esempio di secellerataggine governativa, di prevaricazione ingiusta e infondata della polizia, ma siete sicuri che allora a radio alice erano tutti angioletti?
    A me la polizia ne allora ne oggi non č mai venuta a fare un'irruzione e a veder oggi quanto č valutata la nostra cultura, capacitā lavorativa, capacitā formativa, possesso di valori morali assoluti a prescindere dal credo religioso, la gestione di quegli anni da parte delle forze innovative ha fatto il 60% di male e il 40% di bene.
    se tanto mi da tanto, Staljer, questo thread ha i numeri per diventare goteborg 2 la vendetta

  4. #4
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    Se il '77 č stato un anno di casini (all'epoca avevo 17 anni), il biennio 74-75, culmine dei cosiddetti anni di piombo, non č stato una passeggiata di salute.
    Anche se non mi sono occupato attivamente di politica (non era particolarmente salubre... a meno di non essere nel branco), sono sostenzialmente d'accordo con Giofi, e le malefiche conseguenze della "deregulation selvaggia" li stiamo pagando oggi.

    Per quanto riguarda i valori della resistenza, a parte qualche eccezione, mi pare che fosse costituita in larga misura da delinquenti comuni che hanno trovato una comoda "patente di legittimitā". Comportandosi spesso in modo vergognosamente vigliacco. Vedi episodio delle Fosse Ardeatine)

  5. #5
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    Sia chiaro che non voglio aprire processi a destre e sinistre, l'episodio di radio alice nel contesto odierno č assurdo, allora no.
    Che poi sia stato male o bene non ho prove oggettive mie di sicura fonte per esprimere un giudizio.
    Che poi sia un fatto assodato che ogni generazione possa dire "era meglio quando eravamo ignoranti" (pubblicitā progresso) oppure " i miei tempi sono migliori di quelli odierni" (conflitto generazionale), č cosa comune a tutte le generazioni a partire da Adamo ed Eva ad oggi.
    Penso che invece si debba riflettere a paritā di generazione il confronto con altri paesi con politiche socioeconomiche diverse e valutare il apporto tra qualitā della vita e lavoro, e quale delle generazioni č pių preparata per affrontare i tempi futuri.

  6. #6
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    Al di lā delle considerazioni politiche a me interessava portare questo ascolto come qualcosa di decontestualizzato dal periodo, dai fatti.
    Non so chi erano quelli di radio alice, mi informerō. Probabilmente adesso saranno allegri signori di 50 anni che ripenseranno a quegli anni con un sorriso e un pizzico di nostalgia.
    Mi interessava documentare, quasi fosse una fotografia, ino spaccato sonoro di quel tempo.
    E' interessante in questo documento alcune cose:
    1. L'angoscia viva del giovane che sta al microfono. La si percepisce forte, quasi che l'ideologia, e tutte le idee rivoluzionarie, al momento dello scontro con le autoritā vengano meno e subentri una paura profonda, un istinto di minaccia.
    2. Il linguaggio. Per la mia generazione č assolutamente astruso. Quasi incomprensibile. "Collettivi di difesa"..... ???
    3. Le bestemmie. Rende l'ascolto crudo e realistico.
    4. La presenza inquietante della polizia.

    Ovviamente per avere la polizia alla porta questi tipi della radio avranno infranto delle leggi. Ovviamente la polizia era composta da giovani come quelli di Radio Alice. Ovviamente la polizia si prendeva tante parole dagli estremisti....

    Ovviamente siamo tutti capaci oggi di riflettere.
    Bisognerebbe capire il perchč di tutta questa violenza nelle parole. Il disagio di tutti questi giovani.
    Non erano pochi e non tutte le parole erano violente.
    Mi pare che c'era il coraggio dell'idea forte, rivoluzionaria ma nel senso che scardinava pregiudizi e comoditā fino allora consolidate.
    Ovviamente, come sempre avviene in questi casi, si buttava via il bambino con l'acqua sporca. E si dicevano cose giuste insieme a molte sciocchezze.
    Mi pare che oggi siamo tutti pių saggi ma un po' pių spenti....
    Oppure che si dicano solo sciocchezze....

  7. #7
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    Per quanto riguarda i valori della resistenza, a parte qualche eccezione, mi pare che fosse costituita in larga misura da delinquenti comuni che hanno trovato una comoda "patente di legittimitā". Comportandosi spesso in modo vergognosamente vigliacco. Vedi episodio delle Fosse Ardeatine)
    scusa ma:
    o non ho capito una mazza io di quello che intendi; o tu stai dicendo delle emerite fesserie... cmq la mia impressione č che stai dicendo delle vaccate grandi sempre in perfetto stile revisionistico.

  8. #8
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    in merito a radio alice ti illumino subito:

    per quello che mi ricordo io, a radio alice vi era semplicemente della gente che diceva quello che pensava:
    ho detto appunto quello che pensava, non entro nel merito che fosse giusto o sbagliato.
    La "mia" idea č che gli hanno voluto tappare la bocca e basta

    chi sono? beh anche qui ti illumino subito; visto che uno lo vedi tuttora su mediamente.

    uno dei fondatori di radio alice fu Franco Berardi (professore/scrittore) in arte bifo; poi che io ricordi vi erano Valerio Monteventi (attualmente consigliere comunale di BO per RC);
    Renato de Maria (regista); e i miei ricordo al momento si fermano qui

  9. #9
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    Ma Radio Alice č adesso RadioCittādelCapo o non c'entra nulla ???

    Una curiositā: fanno della bella musica. Questo capodanno ero a Bologna e la sera per rilassarci cercavamo tra le stazioni radio con musiche decenti.
    Ne abbiamo trovate due che a mio parere trasmettevano buona musica: Radio Cittā 103 e RadioCittādelCapo.... la seconda chiaramente di sinistra.

  10. #10
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    Messaggio originale di CarreraRS
    Per quanto riguarda i valori della resistenza, a parte qualche eccezione, mi pare che fosse costituita in larga misura da delinquenti comuni che hanno trovato una comoda "patente di legittimitā". Comportandosi spesso in modo vergognosamente vigliacco. Vedi episodio delle Fosse Ardeatine)
    Ma... stiamo scherzando?
    Prima di parlare si raccomanda di collegare il cervello!
    "Noi siamo le nostre scelte" Sartre

  11. #11
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    Questa lettura č molto interessante. La spezzo in tre tronconi

    Il combattimento di via Rasella del 23 marzo 1944
    =================================================
    Andrea Domenici

    (last modified: 1998-04-17)

    Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, un gruppo di Gappisti romani, al passaggio di
    una colonna di militari nazisti nel centro di Roma, fece esplodere una bomba ed
    attacco` il reparto. Morirono 33 tedeschi (32 immediatamente o entro poche
    ore, 1 il giorno dopo) e ne furono feriti un centinaio. Morirono anche due
    italiani per l'esplosione, ed altri furono uccisi dai tedeschi.

    I partecipanti all'azione erano: com. Carlo Salinari "Spartaco", Franco
    Calamandrei "Cola", Giulio Cortini "Cesare", Laura Garrone-Cortini "Caterina",
    Duilio Grigioni, Marisa Musu "Rosa", Ernesto Borghesi, Mario Fiorentini
    "Giovanni", Lucia Ottobrini "Maria", Carla Capponi "Elena", Rosario Bentivegna
    "Paolo", Raoul Falcioni, Silvio Serra, Francesco Curreli, Fernando Vitagliano
    "Fernandino", Pasquale Balsamo, Guglielmo Blasi.

    Al combattimento segui' la feroce rappresaglia nazifascista: 335 italiani,
    prelevati dalle carceri di via Tasso, di via Lucullo e di Regina Coeli, furono
    trucidati alle Cave (poi dette Fosse) Ardeatine. Questa strage rimane uno dei
    maggiori simboli della barbarie nazifascista, e pertanto la propaganda di
    destra ha sempre cercato di giustificarla e di dipingere l'azione di via
    Rasella come un gesto criminale.

    Quanto segue cerca di rispondere in modo sintetico ma esauriente ad una serie
    di affermazioni, generalmente tendenziose, che si sentono fare spesso su
    quell'episodio.

    Questo materiale si basa sul libro di Rosario Bentivegna e Cesare De Simone,
    "Operazione via Rasella", Editori riuniti, 1996, con qualche interpolazione e
    considerazione personale.

    Altri libri consigliabili sono Robert Katz, "Morte a Roma", Editori Riuniti,
    1996, e Lutz Klinkhammer, "Stragi naziste in Italia", Donzelli, 1997.


    === FREQUENTLY ASKED QUESTIONS (sort of) ====================

    1. I tedeschi promisero di risparmiare gli ostaggi, se gli autori
    dell'attentato si fossero consegnati.

    Non ci fu alcuna promessa del genere, e la strage avvenne in segreto, come
    conferma Kappler nella sua deposizione:

    "I partigiani avrebbero potuto organizzare un attacco fulmineo. L'intera
    citta` avrebbe potuto insorgere. Per ragioni di sicurezza, le esecuzioni
    dovevano essere tenute segrete finche' non fossero state portate a
    termine".

    E piu' esplicitamente Kesselring:

    DOMANDA: Faceste qualche appello alla popolazione romana o ai
    responsabili dell'attentato prima di ordinare la rappresaglia?
    KESSELRING: Prima no.
    D.: Avvisaste la popolazione romana che stavate per ordinare
    rappresaglie nella proporzione di uno a dieci?
    K.: No. [...]
    D.: Ma voi avreste potuto dire 'se la popolazione romana non consegna
    entro un dato termine il responsabile dell'attentato fucilero` dieci
    romani per ogni tedesco ucciso'?
    K.: Ora, in tempi piu' tranquilli, [...] devo dire che l'idea sarebbe
    stata molto buona.
    D.: Ma non lo faceste?
    K.: No, non lo facemmo.

    -- Atti del processo Kappler, Tribunale Militare di Roma.

    Quanto all'idea assurda che i Partigiani avessero un qualsiasi obbligo morale
    o militare di consegnarsi per salvare gli ostaggi, valga, per esempio, la
    testimonianza di Arrigo Paladini, ufficiale del Centro Militare Clandestino
    del gen. Montezemolo e prigioniero dei nazifascisti a via Tasso:

    "E` assurdo pensare che un attentatore si presenti al nemico, mettendo a
    repentaglio tutta un'organizzazione. Se io ho una responsabilita`[...] in
    un qualsiasi reparto militare, e mi consegno ai tedeschi, do ai tedeschi la
    possibilita` di torturarmi e di conseguenza farmi parlare. Da un punto di
    vista militare, le pretese che i Gap si presentassero mi sembra assurda.
    Senza contare che era poi molto improbabile che i tedeschi non avrebbero
    ucciso i 335 ostaggi, anche se avessero avuto in mano gli attentatori".


    2. I partigiani sapevano, fin dai bandi di Kesselring del settembre '43, che i
    tedeschi avrebbero fucilato dieci italiani per ogni tedesco ucciso, quindi
    non avrebbero dovuto compiere l'attacco di via Rasella.

    Con la stessa logica, non avrebbero dovuto compiere alcuna azione. Inoltre, i
    Partigiani cecoslovacchi non avrebbero dovuto uccidere il Gauleiter Heydrich,
    (alla cui uccisione segui' l'eccidio di Lidice), ed i Partigiani francesi
    avrebbero dovuto rinunciare a tutte le loro attivita`, evitando forse i
    massacri di Oradour-sur-Glane e di Tulle? Ed il governo britannico avrebbe
    dovuto arrendersi a Hitler, per evitare i bombardamenti sulle citta` inglesi?


    3. La rappresaglia tedesca era legittima e Kappler non venne condannato per
    l'uccisione di 330 ostaggi (nella proporzione 10 a 1), ma per averne
    uccisi 5 in piu'.

    Vedi che guai combina la distrazione! A parte il fatto che bisogna avere la
    mentalita` dei burocrati nazisti per giustificare, al di la` di qualsiasi
    argomentazione giuridica, una rappresaglia come quella delle Fosse Ardeatine,
    Kappler e i suoi complici furono condannati in quanto:

    "[...] agendo con crudelta` verso le persone, con successive azioni
    esecutive del medesimo disegno criminoso, senza necessita` e senza
    giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra e precisamente in
    esecuzione di sanzioni collettive stabilite per un attentato commesso il
    23 marzo 1944 in via Rasella, Roma, [...] cagionavano, mediante colpi di
    arma da fuoco esplosi con premeditazione, a cinque alla volta, alla nuca
    di ogni vittima, la morte di 335 persone, in grandissima maggioranza
    cittadini italiani militari e civili, che non prendevano parte alle
    operazioni militari".

    "[...] trattasi, difatti, [...] di omicidi commessi in relazione
    all'attentato di via Rasella, cioe` per una causa non estranea alla
    guerra, senza necessita`, [...] e senza giustificato motivo dal momento
    che va negata, [...] la sussistenza delle cause giustificatrici inerenti
    alla rappresaglia e alla repressione collettiva".

    -- Processo Kappler, Tribunale Militare di Roma, sent. n. 631, 20/7/1948.


    4. I partigiani non dovevano compiere operazioni a Roma, che era "citta`
    aperta".

    Roma non e` mai stata "citta` aperta". Il governo Badoglio dichiaro`
    unilateralmente, il 14/8/1943, di considerare Roma come citta` aperta (cioe`
    demilitarizzata), ma gli Alleati non accettarono. Il gen. Calvi di Bergolo
    firmo` la resa di Roma ai tedeschi il 10/9/1943, e le condizioni di resa
    stabilivano che:

    "[...] le truppe tedesche devono stare ai margini della citta` libera di
    Roma, salvo l'occupazione della sede dell'ambasciata di Germania, della
    stazione radio di 'Roma I' e della centrale telefonica tedesca. S.E. il
    generale di divisione Calvi di Bergolo, nominato comandante della citta`
    aperta di Roma, avra` alle sue dipendenze una divisione di fanteria per il
    mantenimento dell'ordine pubblico, oltre tutte le forze di polizia".

    -- pubblicato su L'Osservatore Romano, 12/9/1943.

    I termini della resa non vennero mai rispettati. Kesselring installo` in
    citta` vari comandi militari e di polizia, la uso` come via di transito per
    truppe e rifornimenti, esegui' rastrellamenti, arresti, deportazioni,
    fucilazioni e torture. Inoltre, fece arrestare il gen. Calvi di Bergolo col
    suo stato maggiore e trasferi' ogni potere al comando tedesco.

  12. #12
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    5. I partigiani di via Rasella non ebbero il coraggio di fare come Salvo
    d'Acquisto, che si accuso` di un attentato che non aveva commesso e venne
    fucilato al posto di 22 ostaggi che si salvarono grazie a lui.

    Bisogna ripetere che i Partigiani di via Rasella avevano il _dovere_ di _non_
    consegnarsi al nemico (v. sopra)! Cio` detto, osserviamo che il caso del
    carabiniere Salvo d'Acquisto e` completamente diverso. Salvo d'Acquisto non
    faceva parte della Resistenza, e quindi il suo gesto eroico non rischiava di
    compromettere gli obiettivi e l'esistenza della lotta di liberazione.
    (Incidentalmente: non c'era stato alcun attentato, ma l'esplosione accidentale
    di una bomba in una perquisizione in una caserna della Guardia di Finanza).

    Un gesto come quello di Salvo d'Acquisto fu compiuto dal sottufficiale della
    Guardia di Finanza Vincenzo Giudice a Bergiola Foscalina (Carrara) il
    16/9/1944, ma non valse ad evitare il massacro di 71 persone, fra cui bambini
    bruciati vivi nella scuola, per mano delle SS e dei Briganti Neri.


    5. Nell'attentato morirono dei civili italiani, fra cui un bambino, dilaniato
    orribilmente dall'esplosione.

    L'esplosione uccise un uomo non identificato ed il tredicenne Pietro
    Zuccheretti. Una donna, Fiammetta Baglioni di 66 anni, ed un uomo, Pasquale
    di Marco, 34 anni, furono uccisi dai tedeschi, la donna nella
    sua casa di via Rasella e l'uomo in via Quattro Fontane. Un poliziotto
    italiano, Erminio Rossetti, autista del questore collaborazionista Caruso,
    venne ucciso dai tedeschi. Nel rastrellamento successivo, vennero uccisi in
    combattimento due Partigiani di Bandiera Rossa, Antonio Chiaretti ed Enrico
    Pascucci.

    La propaganda fascista ha sparso calde lacrime sulla morte del bambino di via
    Rasella, ucciso per una fatalita` inevitabile nonostante i Gappisti avessero
    fatto il possibile per allontanare i passanti. Poche lacrime sono state
    sparse sulle decine di bambini assassinati volontariamente e coscientemente
    dai nazifascisti.

    A proposito della morte di Pietro Zuccheretti, il "Giornale" e il "Tempo"
    pubblicarono una foto in cui si vedevano un tronco umano ed una testa
    staccata, che dovrebbero essere i resti del bambino. Nella foto si nota
    pero` il bordo di un marciapiede, che allora in via Rasella non c'era. E`
    lecito sospettare che si tratti di un falso, ma perche' ricorrere ad un falso
    per documentare un fatto storicamente accertato? Dobbiamo dedurre che i
    giornalisti di destra sono talmente abituati alla menzogna, da sentirsi
    obbligati a produrre prove false anche per dimostrare fatti veri.


    6. I partigiani avrebbero dovuto combattere fuori dalla citta` di Roma per
    non coinvolgere i cittadini nella guerra.

    Se invece coinvolgevano i campagnoli andava tutto bene! Sono stati i
    nazifascisti a coinvolgere tutta l'Italia nella guerra. A Roma in
    particolare, al tempo dell'azione di via Rasella c'erano gia` stati vari
    bombardamenti, la battaglia di Porta S.Paolo, la deportazione di 2000
    carabinieri, quella di 1024 ebrei (di cui ne sopravviveranno 11), e le
    innumerevoli violenze nazifasciste.


    7. Le vittime dell'attentato non erano delle SS, ma dei vecchi altoatesini
    disarmati, inquadrati in un reparto che aveva solo funzioni di ordine
    pubblico.

    Il reparto era l'11a compagnia del 3o battaglione del reggimento "SS Polizei
    Bozen". Il battaglione dipendeva dal comando delle SS in Italia (gen. Wolff) e
    a Roma dipendeva da Kappler. I soldati della colonna di via Rasella (piu' di
    150) erano armati e scortati, in testa e in coda alla colonna, da pattuglie
    con mitragliatrici su motocarrozzette. Cosi' un superstite, Konrad Sigmund:

    "Avevamo tutti cinque o sei bombe a mano attaccate alla cintola [...]"

    Un altro superstite, Franz Bertagnoli:

    "Anche quella mattina, [...] ci dettero l'ordine di tenere il colpo in
    canna e di essere pronti a sparare".

    -- U. Gandini, "Quelli di via Rasella"

    Il piu' anziano dei 33 morti era Jakob Erlacher, classe 1901, ed il piu'
    giovane Franz Niederstaetter, 1917.

    Il fatto che i soldati fossero altoatesini anziche' tedeschi di Germania
    e` semplicemente irrilevante: tedeschi, altoatesini e fascisti erano tutti
    nemici da colpire con ogni mezzo. Comunque, per completezza, i soldati erano
    reclutati sia fra gli _Optanten_ che fra i _Dableiber_, cioe` altoatesini
    che avevano scelto la nazionalita` germanica e, rispettivamente, italiana,
    e la provincia di Bolzano, insieme a Trento e Belluno, era stata annessa al
    Reich col nome di Voralpenland.

    Quanto alle funzioni di _solo_ ordine pubblico, sappiamo bene cos'era
    "l'ordine pubblico" del regime nazifascista. I battaglioni del reggimento
    Bozen venivano impiegati nella lotta antipartigiana e commisero varie
    efferatezze sia contro i prigionieri Partigiani che contro la popolazione:

    "Il 20 e 21 agosto '44 si ebbe il massacro di Boistal, in Cadore: la
    valle, che era in mano ai partigiani, fu percorsa dal [2o] battaglione del
    Bozen che non ebbe alcun riguardo per la popolazione, vennero uccisi donne
    e bambini e bruciati i villaggi, il tragico bilancio dell'operazione
    definita di polizia fu di 46 vittime. Nel marzo 1945 il reggimento Bozen,
    coi suoi due battaglioni 1o e 2o, prese parte a una sanguinosa
    rappresaglia per un attacco partigiano nel quale morirono tre uomini della
    polizia sudtirolese. I membri del reggimento impiccarono 14 prigionieri
    sulla piazza centrale della citta`. Proprio in Belluno il Bozen e` giunto
    a triste fama per la sua brutalita`: alcuni membri del reggimento furono
    processati dal Tribunale militare per delitti di guerra".

    -- C. Franceschini, "Il trauma di Roma", in Suedtirol Profil.


    8. L'attentato di via Rasella fu vile, perche' i partigiani lasciarono li' la
    bomba e scapparono.

    Chi accusa di vilta` i Partigiani dovrebbe mostrare il _suo_ coraggio
    andandosene a giro con 18 kg. di esplosivo in una citta` occupata in tempo di
    guerra, con la prospettiva, se catturato, di essere affidato al fascista Koch o
    al nazista Priebke.

    In effetti l'accusa di vilta` e` tanto cretina (oltre che carognesca) che mi
    vergogno a parlarne, ma siccome di cretini ce ne sono tanti, e parlano a ruota
    libera, sono costretto a ricordare che i Gappisti erano esposti al pericolo
    ogni istante della loro vita, prima, durante e dopo le azioni. Vivere in
    clandestinita` significa poter essere scoperti per qualsiasi sospetto, per
    qualsiasi avvenimento fortuito. Bentivegna, travestito da spazzino, incontro`
    due spazzini veri che si insospettirono e lo presero per un borsaro nero.
    Carla Capponi, aspettando a lungo davanti a un'edicola, attiro` i sospetti di
    due poliziotti. Il centro di Roma era pieno di comandi e uffici militari, di
    soldati, di poliziotti, di spie.

    Quanto alla dinamica del combattimento, la bomba venne fatta esplodere con una
    miccia di 50 secondi, e dopo l'eplosione una seconda squadra attacco` i
    tedeschi (che erano bene armati, v. sopra) a colpi di bombe a mano (piu'
    precisamente, bombe da mortaio Brixia adattate, fornite insieme al tritolo
    della bomba principale dal Centro Militare Clandestino del gen. Montezemolo).

    Ma forse i coraggiosi denigratori della resistenza avrebbero voluto che i
    nostri Partigiani sfilassero nel centro di Roma inquadrati e in uniforme,
    sventolando la bandiera e suonando tre volte la carica. E naturalmente,
    caricando all'arma bianca per non colpire i passanti con pallottole vaganti.
    Mentre i tedeschi avrebbero potuto legittimamente falciare con le
    mitragliatrici sia i Partigiani che i passanti, visto che i loro legittimi
    comandanti glielo avevano legittimamente ordinato.

    Infine, vale la pena di ricordare che nel 1968-69 il vile Bentivegna combatteva
    ancora per la nostra liberta` contro la giunta dei colonnelli, traghettando
    gli antifascisti greci attraverso l'adriatico. Negli stessi mesi, alcuni
    coraggiosi fascisti italiani si addestravano in Grecia e preparavano
    l'attentato di piazza Fontana: fulgido esempio di ardimento fascista.


    9. L'attentato di via Rasella fu inutile sul piano militare.

    Secondo i nemici della Resistenza, nessuna azione fu utile. L'operazione di
    via Rasella, tanto per cominciare, distrusse una compagnia di SS, i cui
    superstiti furono rispediti a Innsbruck e non parteciparono alle deportazioni
    di italiani (come fecero le altre due compagnie del 3o btg.) ed alla
    repressione antipartigiana, ne' a Roma ne' in Italia settentrionale. Al di la`
    delle conseguenze immediate della singola azione, essa, insieme alle altre,
    contribui' agli obiettivi generali della guerra partigiana: colpire il nemico
    dietro alle linee, impegnare le sue forze, rendergli impraticabile il
    territorio. Come disse Kesselring:

    "Roma era diventata per noi una citta` esplosiva ... Per noi era un grave
    problema quello della sicurezza nell'immediata retrovia del fronte. Tra
    l'altro ne risentiva direttamente anche il morale delle truppe
    combattenti, che non si potevano piu' mandare a Roma per brevi periodi di
    riposo e di licenza".

    -- Atti del processo Kesselring, Tribunale militare britannico di
    Trieste, 1946-47.

  13. #13
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    10. L'eccidio di 335 italiani alle Fosse Ardeatine fu inutile sul piano
    militare.

    Evidentemente.


    11. I nazisti stavano gia` perdendo la guerra e gli Alleati erano vicini a
    liberare Roma, quindi le azioni dei partigiani erano inutili ed inutilmente
    mettevano a rischio la vita dei cittadini innocenti.

    Se i nazisti stavano perdendo la guerra, perche' non si arresero con i loro
    servi fascisti, perche' non consegnarono Roma agli Alleati, risparmiando tante
    sofferenze alla popolazione civile? Inoltre e` quasi divertente osservare che
    questa pseudoargomentazione contro la Resistenza viene fatta di solito da gente
    che si riempie la bocca di "onore", "patria", "nazione" e via dicendo. Tanti
    discorsi, ma avrebbero voluto che gli italiani si rassegnassero ad essere
    oggetto di conquista, rinunciando al riscatto etico e politico
    dell'insurrezione antifascista.


    12. Le azioni dei GAP erano in contrasto con gli ordini del governo del Sud e
    quindi illegittime.

    "I partigiani di via Rasella facevano parte di una organizzazione
    militare inquadrata nella Giunta militare. Questa, alla stessa stregua
    del Comando di liberazione, per il riconoscimento implicito ad essa
    fatto, attraverso numerose manifestazioni, dal governo legittimo e per i
    fini propri di quest'ultimo (lotta contro i tedeschi) che essa attuava in
    territorio occupato, si poneva come organo legittimo, almeno di fatto,
    dello Stato italiano".

    -- Processo Kappler, Tribunale Militare di Roma, sent. n. 631, 20/7/1948.

    "L'azione di via Rasella, anche se fosse stata, per ipotesi, realizzata
    contro le direttive dei comandanti militari accreditati presso il
    governo legittimo [...] non cesserebbe per questo di essere un atto di
    guerra"

    -- Tribunale Civile di Roma, sent. 9/6/1950.


    13. Le azioni dei GAP erano in contrasto con gli ordini dei comandi Alleati e
    quindi illegittime.

    "[...] attivare tutti i contatti e [...] dare tutte le disposizioni
    perche' le forze partigiane operanti nel Centro Italia prendano - anche
    in accordo con i locali centri OSS - iniziative offensive sul territorio
    [...]"

    -- fonogramma dal comando Alleato al governo Badoglio, 2/2/1944, Public
    Record Office, Londra, 456/S/12 Italy 65/7.


    14. Togliatti non ha voluto l'attentato di via Rasella.

    Questa affermazione si basa su un presunto telegramma di Togliatti del 25
    marzo, indirizzato al PCI romano, che condannava l'azione. Questo telegramma
    non e` mai stato trovato. Nel numero 4, aprile 1996 di "Storia Illustrata",
    un articolo dello storico Enzo Forcella si riferisce a tale telegramma, ma lo
    storico afferma che tale riferimento e` stato aggiunto arbitrariamente dalla
    redazione della rivista.


    15. Togliatti ha voluto l'attentato di via Rasella.

    Questa affermazione si basa su un presunto biglietto di Togliatti letto
    dall'ex-Gappista Guglielmo Blasi, il traditore che denuncio` i suoi compagni.
    Questo biglietto non e` mai stato trovato. Togliatti arrivo` in Italia il 27
    marzo 1944, quattro giorni dopo l'azione di via Rasella, viaggiando dalla
    Russia via Alessandria d'Egitto. Come diavolo facesse a mandare telegrammi e
    biglietti ai GAP o al PCI nella Roma occupata e` un mistero.

    Ovviamente, se Togliatti avesse ordinato l'attacco non ci sarebbe stato niente
    di male, ma comunque _non_ lo ha fatto. Questa leggenda, insieme a quella
    parallela dell'opposizione di Togliatti allo stesso attentato, dimostra la
    compulsione a mentire caratteristica della propaganda antiresistenziale. Non
    per nulla e` stata ripresa dal "Giornale" di Feltri.


    16. I partigiani comunisti vollero provocare una sanguinosa rappresaglia per
    scatenare un'insurrezione.

    Quindi i nazifascisti eseguirono una sanguinosa rappresaglia per aiutare i
    Partigiani comunisti a scatenare un'insurrezione. Geniale.


    17. I partigiani comunisti vollero provocare una sanguinosa rappresaglia per
    eliminare i capi della Resistenza di altre tendenze politiche, come gli
    ufficiali del Centro Militare Clandestino ed i militanti di Bandiera
    Rossa.

    In questo modo i Gappisti avrebbero fatto eliminare anche parecchi militanti
    del PCI, detenuti in via Tasso e a Regina Coeli, come Antonello Trombadori,
    fondatore dei GAP, ed il Gappista Umberto Scattoni, che mori' appunto alle
    Fosse Ardeatine.

    Questa diabolica macchinazione comunista inoltre avrebbe dovuto celarsi anche
    dietro a tutte le altre azioni commesse prima e dopo via Rasella. E le
    operazioni compiute dalle altre formazioni? I Partigiani di Bandiera Rossa e
    delle Brigate Matteotti, attaccavano anche loro i nazifascisti per il gusto di
    far fucilare i loro compagni prigionieri?

    La storia del complotto contro Bandiera Rossa nasce da un libro scritto da
    Roberto Guzzo, unico superstite dei combattenti di Bandiera Rossa detenuti in
    quei giorni, libro che e` stato sconfessato dagli altri Partigiani della stessa
    organizzazione (v. intervista col com. Orfeo Mucci, "Liberazione", 29/6/1997).

    Infine, volendo attribuire ai Gap comunisti tanto efferato cinismo,
    bisognerebbe chiedersi se non fossero anche scemi oltre che traditori, per
    mettersi ad organizzare un'azione pericolosa nell'attuazione e nelle
    conseguenze, solo per eliminare degli "avversari" che erano gia` in mano al
    nemico, con pochissime probabilita` di sfuggire. Forse i sostenitori
    della tesi del complotto comunista credono che in via Tasso 155 ci fosse
    un ostello della gioventu'.


    18. L'attentato interruppe le trattative in corso fra Kappler e settori della
    Resistenza, che avrebbero favorito la ritirata tedesca senza danni per i
    civili.

    Ne parla soltanto Roberto Guzzo (v. sopra), non esiste alcun riscontro ne' da
    parte tedesca ne' da parte del CLN, ne del governo, ne' da chicchessia.


    19. Nel CLN ci fu una forte opposizione all'attentato.

    Ci fu opposizione, dopo l'azione, da parte delle componenti piu'
    conservatrici. Tuttavia, il rappresentante liberale, Manlio Brosio, sostenne i
    Gappisti ed affermo` che il CLN doveva assumersi la piena responsabilita` di
    tutte le sue azioni armate, come in effetti avvenne:

    "[...] Sotto il pretesto di rappresaglia per un atto di guerra di patrioti
    italiani in cui esso aveva perduto 32 dei suoi SS, il nemico ha massacrato
    320 innocenti, strappandoli dal carcere dove languivano da mesi [...]"

    Roma, 28 marzo 1944.

    IL COMITATO CENTRALE DI LIBERAZIONE NAZIONALE"

    -- pubblicato su "L'Unita`" il 13/4/1944 e su "Risorgimento liberale"
    il 15/4/1944.


    20. Sandro Pertini ha condannato l'azione di via Rasella.

    "Le azioni contro i tedeschi erano coperte dal segreto cospirativo [...].
    Naturalmente io non ne ero al corrente. L'ho pero` totalmente approvata
    quando ne venni a conoscenza"

    -- S. Pertini, in G. Bisiach, "Pertini racconta", Mondadori, 1977,

    Pertini era il rappresentante socialista nella Giunta militare del CLN.


    21. L'azione fu un'iniziativa individuale di Rosario Bentivegna e Carla
    Capponi.

    La Giunta militare del CLN sollecito` le formazioni romane a svolgere azioni
    militari clamorose. La colonna tedesca venne proposta come obiettivo dal
    comando dei GAP centrali di Roma, e la proposta venne approvata da Giorgio
    Amendola, rappresentante dei GAP nella Giunta. L'attacco venne condotto da 12
    Partigiani, ed altri 5 parteciparono alla sua organizzazione.


    22. L'attentato di via Rasella fu l'unica azione di guerriglia entro la cinta
    urbana di Roma.

    Solo nel mese di marzo ci furono 75 azioni di guerriglia urbana, fra cui
    l'attacco ad una colonna di fascisti in via Tomacelli (10 marzo). Fra le
    numerose azioni urbane ricordiamo gli attacchi al comando tedesco all'Hotel
    Flora, al Forte Bravetta, ai camion tedeschi davanti al cinema Barberini, alla
    centrale telefonica tedesca della stazione Trastevere.


    23. Un articolo del settimanale "Oggi" del 1948 afferma che un sig. Massimo
    Di Massimo ospito`, la sera del 23 marzo, il Gappista Franco Calamandrei,
    il quale disse che i Gappisti prevedevano una grande rappresaglia ma non
    si sarebbero mai costituiti.

    Questo venne smentito, l'anno successivo e in seguito ad una querela di
    Calamandrei, dallo stesso Di Massimo. Il Di Massimo aveva ospitato due
    Gappisti, ma molto piu' tardi, cioe` il 10 maggio, e non si trattava ne' di
    Calamandrei ne' di Bentivegna, ma di Mario Fiorentini e di Lucia Ottobrini.
    Difficile capire cosa questi abbiano detto veramente, visto il modo sfacciato
    in cui e` stata falsificata la notizia, col cambiamento di data e di identita`.

    Nonostante la smentita, sul n. 17, nov. 1949, di "Oggi", la stampa di destra ha
    ripreso piu' volte la falsa notizia, spesso mettendo Bentivegna o Carlo
    Salinari (comandante dei GAP centrali) al posto di Calamandrei. La piu'
    recente versione di questo "scoop" cinquantenario ovviamente illustra le pagine
    auree del "Giornale" di Feltri, 10/4/1996.


    24. Le intercettazioni telefoniche fatte dalla polizia della RSI dopo
    l'attentato, pubblicate recentemente dallo storico Aurelio Lepre,
    dimostrano che la popolazione era ostile ai partigiani.

    Quelle intercettazioni dimostrano solo che la maggior parte dei possessori di
    telefoni o erano fascisti o fingevano di esserlo. Nel 1944 il telefono era un
    oggetto di lusso, e questo seleziona in modo netto la classe sociale del
    campione scelto per questo esperimento. Inoltre, gli antifascisti si
    guardavano bene dall'esprimere le proprie opinioni al telefono, sapendo
    ovviamente che i telefoni erano controllati. Ennesimo esempio dei
    criteri "scientifici" del revisionismo.


    http://www.ing.unipi.it/~d8651/resistenza/rasella.html

  14. #14
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    scusa ma:
    o non ho capito una mazza io di quello che intendi; o tu stai dicendo delle emerite fesserie... cmq la mia impressione č che stai dicendo delle vaccate grandi sempre in perfetto stile revisionistico.
    Dici bene .... č la tua impressione

  15. #15
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    ecco bene... allore te ne sarei grato se chiarissi la mia (ma non č solo la mia fidati), impressione sbagliata, con un chiaro e limpido discorso che possa capire anche un bimbo di 7 anni:
    in caso contrario la mia idea rimane quella giā esposta.

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