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Discussione: Elettronica facile per tutti !

  1. #1
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    Elettronica facile per tutti !

    Salve cari amici,
    entriamo subito in argomento dando una definizione generica di elettronica: essa è l'arte di conoscere e applicare tutti quei fenomeni in cui sono coinvolte cariche elettriche infinitesimali chiamate elettroni.

    L'elettronica ha come oggetto di studio l'elaborazione, la trasformazione e la trasmissione di segnali elettrici di piccola potenza.
    Grazie all'impiego di opportuni dispositivi, chiamati "trasduttori", in grado di trasformare i segnali d'uscita in informazioni digitali che a loro volta possono essere elaborate da un computer, l'elettronica può interagire con altre grandezze fisiche.
    Con un processo di modulazione di ampiezza e/o di frequenza, tali informazioni possono essere trasportate a grandi distanze.
    I dispositivi elettronici, al cui interno si trovano i componenti elettronici, hanno il compito di amplificare la corrente, solitamente modificandone alcune caratteristiche (l'ampiezza, la forma, ecc.).
    Ora, l'elettronica si articola in due "branche", piuttosto indipendenti tra loro: l'elettronica analogica e l'elettronica digitale.
    L'elettronica analogica studia la generazione e la trasformazione di segnali elettrici intesi come grandezze in grado di assumere tutti i valori compresi all'interno del loro campo di variabilità (gli amplificatori, i filtri, i raddrizzatori, ecc.).
    L'elettronica digitale studia quei circuiti in cui i segnali elettrici assumono solo valori compresi in un determinato intervallo all'interno del loro campo di variabilità.
    I computer si sono sviluppati grazie all'elettronica digitale, la quale attualmente "ricopre" quasi tutti i campi dell'elettronica generale.
    Per la comunicazione tra sistemi analogici e sistemi digitali vengono utilizzati i cosiddetti convertitori (A/D e D/A).
    I convertitori A/D trasformano un segnale analogico in una sequenza di numeri, solitamente sotto forma di cifre binarie, che rappresentano i valori "campionati" del segnale (analogico) di partenza; i convertitori D/A trasformano i segnali binari, espressi sotto forma di "livelli" alti e bassi, in livelli di tensione corrispondenti.
    A presto

  2. #2
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    LEGGI DI OHM
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    Il fisico tedesco Georg Ohm si accorse, facendo esperimenti con strumenti di sua creazione, che la d.d.p. (la tensione) applicata alle estremità di un conduttore, tenuto a temperatura costante, è direttamente proporzionale all'intensità della corrente circolante nel conduttore: V = R*I.
    Ciò significa che la sua resistenza rimane costante.
    Il conduttore che segue la prima legge di Ohm viene chiamato conduttore ohmico e riportando l'equazione (lineare) su un diagramma cartesiano (la cosiddetta "caratteristica" V-I) si nota la semiretta uscente dall'origine degli assi, la cui inclinazione (il coefficiente angolare) rappresenta proprio la resistenza R del conduttore.
    La potenza assorbita da un conduttore ohmico è: P = V*I = R*(I^2).
    Successivamente lo stesso Ohm, facendo delle misurazioni sulla resistenza di diversi conduttori, si accorse che: 1) la resistenza è direttamente proporzionale alla lunghezza del conduttore; 2) la resistenza è inversamente proporzionale all'area della sezione del conduttore; 3) la resistenza dipende dal materiale con cui è fatto il conduttore.
    La seconda legge di Ohm si esprime in questo modo: R = (rho * L)/S.
    La lettera greca rho rappresenta il coefficiente di proporzionalità che dipende dal tipo di materiale e si chiama "resistività" del materiale conduttore.
    La resistività di un materiale varia con la temperatura, non rimane costante.
    Il reciproco della resistenza si chiama "conduttanza" (G = 1/R) mentre il reciproco della resistività (lambda = 1/rho) si chiama "conduttività" (o conducibilità).
    A presto

  3. #3
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    RESISTORI IN SERIE E IN PARALLELO
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    In un circuito è possibile sostituire a tutti i resistori presenti un unico resistore, detto resistore equivalente (Req), con le stesse caratteristiche.



    Nel collegamento serie (vedi sopra), applicando la legge di Ohm ai singoli resistori avremo: V1=R1*I, V2=R2*I, V3=R3*I.
    La tensione totale ai capi del circuito è pari alla somma delle "cadute" di tensione parziali sui singoli resistori per cui sarà:
    Vt=Req*I=V1+V2+V3, da cui Req*I=R1*I+R2*I+R3*I ossia Req=R1+R2+R3.




    Nel collegamento in derivazione (parallelo, vedi sopra) nei resistori non circola la stessa corrente (come accade nel collegamento in serie) ma ai loro capi c'è la stessa caduta di tensione: V1=V2=V3.
    Applichiamo la legge di Ohm e ricaviamo le correnti: I1=V/R1, I2=V/R2 e I3=V/R3.
    La corrente totale è la somma delle correnti parziali nei vari rami: It=I1+I2+I3, cioè It=(V/R1)+(V/R2)+(V/R3).
    La resistenza equivalente è quindi: Req=1/((1/R1)+(1/R2)+(1/R3)).
    In un circuito possono essere presenti sia resistori in serie che resistori in parallelo; in tal caso per ottenere la resistenza equivalente occorre procedere alla risoluzione di piccoli "pezzi" di circuito, sostituendo di volta in volta alle resistenze serie e parallelo le loro resistenze equivalenti, fino ad arrivare all'ultima resistenza che è quella cercata.
    In linea di massima non ci sono regole generali in grado di determinare la resistenza equivalente di un circuito, ci sono delle regole pratiche che semplificano i calcoli.
    A presto

  4. #4
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    IL CIRCUITO ELETTRICO E I BIPOLI
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    Il concetto di circuito fa riferimento genericamente ad un percorso chiuso in cui c'è circolazione di qualcosa: si parla, ad esempio, di circuito idraulico quando, in una rete di tubi, circola un fluido idraulico e di circuito elettrico quando, in una rete elettrica, circolano gli elettroni.
    In un circuito elettrico sono sempre presenti alcuni elementi essenziali: i conduttori e i bipoli (dispositivi a due morsetti).
    In alcuni casi possono essere presenti elementi a tre morsetti (ad es. le valvole termoioniche), a quattro morsetti o più: si parla di tripoli, quadripoli e così via.
    Un circuito elettrico molto semplice può essere formato da un generatore elettrico, due fili conduttori di collegamento e un utilizzatore (ad es. una lampada).
    La corrente elettrica circola, spinta dalla fem (forza elettromotrice) del generatore, lungo il circuito nel verso convenzionale di scorrimento, ossia uscente dal morsetto positivo della batteria e entrante nel morsetto negativo della batteria stessa (come se si muovessero le cariche positive).
    Rispetto ai due poli della batteria, il circuito elettrico può essere suddiviso in due parti: il circuito interno (quello del generatore stesso) e il circuito esterno (formato dai conduttori di collegamento e dall'utilizzatore).
    Solitamente quando si parla di circuito elettrico si fa riferimento al circuito esterno, volendo esaminare il comportamento del generatore elettrico si farà esplicito riferimento anche al circuito interno.
    I bipoli sono di due tipi: generatori (di tensione e di corrente) e utilizzatori.
    Per convenzione, nei generatori i versi della tensione e della corrente sono concordi (la corrente è positiva quando è uscente dal morsetto positivo e entrante nel morsetto negativo) mentre negli utilizzatori i versi della tensione e della corrente sono discordi.
    Il diagramma cartesiano su cui si riporta la relazione tra corrente e tensione V=f(I) viene chiamato caratteristica esterna oppure volt-amperometrica del bipolo.
    In base alla forma della caratteristica V-I si possono avere bipoli "lineari", la cui caratteristica è una retta, e bipoli "non lineari", la cui caratteristica è rappresentata da una forma curva.
    A presto

  5. #5
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    PRINCIPI DI KIRCHHOFF
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    Un generatore ideale di tensione è un bipolo "attivo" che genera una tensione costante, a prescindere dalla corrente che vi circola. Essendo la tensione costante per qualsiasi variazione di corrente, la caratteristica volt-amperometrica è una retta orizzontale di equazione y=k, in cui k rappresenta il valore della tensione. La potenza generata è P=E*I (E è la fem generata a vuoto).
    Un generatore ideale di corrente è un bipolo "attivo" che genera una corrente costante, a prescindere dalla tensione applicata ai suoi morsetti.
    Essendo la corrente costante per qualsiasi variazione di tensione, la caratteristica volt-amperometrica è una retta verticale di equazione x=k, in cui k è il valore della corrente.
    La potenza generata è P=E*I0 (I0 è la corrente generata).
    Chiariamo un punto: i generatori elettrici non sono né generatori ideali di tensione né di corrente, tensione e corrente sono sempre presenti contemporaneamente in una potenza, la suddivisione serve solo ad evidenziare la grandezza elettrica di cui intendiamo occuparci e su cui dobbiamo svolgere dei calcoli.
    Gli utilizzatori (motori elettrici, stufe elettriche, lampade, ecc.) sono quei dispositivi che sfruttano l'energia elettrica prodotta dal generatore.
    Anche i resistori elettrici sono bipoli utilizzatori "passivi", la cui caratteristica V-I, come sappiamo, è una retta uscente dall'origine degli assi, in base alla prima legge di Ohm.
    Più bipoli collegati tra loro costituiscono una rete elettrica, formata da nodi (i punti di collegamento dei vari bipoli) e da rami (bipoli che collegano due nodi tra loro).
    In un circuito possiamo sempre individuare tre elementi: nodi, rami e maglie.
    Il nodo è una sorta di "crocevia" in cui la corrente deve dividersi; il ramo è un tratto di circuito compreso tra due nodi (in cui circola la stessa corrente); la maglia è un percorso chiuso, che parte da un nodo e arriva allo stesso nodo, costituito da più rami.
    Nel caso di una rete elettrica composta da più maglie ci vengono in aiuto, per la sua risoluzione, le due leggi di Kirchhoff (dette anche "princìpi"): una riguarda i nodi e l'altra le maglie.
    La legge di Kirchhoff ai nodi dice che la somma delle correnti entranti in un nodo è uguale alla somme delle correnti uscenti dal nodo stesso, in pratica, per la legge di conservazione delle cariche elettriche, la carica totale entrante, in un certo intervallo di tempo, in un nodo è uguale alla carica totale uscente dallo stesso nodo.
    La legge di Kirchhoff alle maglie dice che la somma delle d.d.p. (cioè delle tensioni), in una maglia, è uguale a 0.
    Cosa vuol dire ?
    E' molto semplice: la somma delle tensioni generate dai generatori deve essere uguale alla somma delle tensioni assorbite dagli utilizzatori, per cui la somma algebrica risulta nulla.
    A presto

  6. #6
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    PARTITORI DI TENSIONE E DI CORRENTE
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    Il reostato, detto anche potenziometro, è un filo conduttore avvolto su un supporto (di solito cilindrico) isolante; un cursore mobile, alla cui estremità c'è una lamina, fa variare la lunghezza del conduttore e quindi varia la resistenza elettrica, in questo modo si realizza un resistore variabile. Il reostato è un trasduttore di posizione, esso è in grado di trasformare la posizione del cursore in una differenza di potenziale o di corrente.


    Nel caso più semplice un partitore di tensione è costituito da due resistori in serie, alimentati da una tensione V, di cui vogliamo rilevare la tensione parziale ai capi di uno di essi.
    Dalla prima legge di Ohm si ha: Vr2=R2*I, la tensione totale è V=(R1+R2)*I.
    Facendo il rapporto si ottiene: Vr2/V=R2/(R1+R2), da cui Vr2=V*R2/(R1+R2).
    Vediamo ora un partitore di corrente:



    Si tratta di due resistori in parallelo, alimentati da una corrente I, di cui vogliamo rilevare la corrente parziale che scorre in un resistore.
    Applicando la prima legge di Ohm, avremo: V=Ru*Iu, in cui V=I*R1*Ru/(R1+Ru).
    Uguagliando i secondi membri deve essere: Ru*Iu=I*R1*Ru/(R1+Ru).
    Facendo il rapporto Iu/I=R1/(R1+Ru) e cioè Iu=I*R1/(R1+Ru).
    A presto

  7. #7
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    I CONDENSATORI
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    Alla seconda prova scritta dell'esame di Stato per la maturità scientifica (indirizzi sia tradizionale che "scienze applicate" e orientamento sportivo) è stato assegnato un esercizio, molto semplice, sui condensatori (la prova è mista: Matematica e Fisica).
    Cos'è un condensatore ?
    Spesso nell'elettrotecnica e nell'elettronica si fa ricorso a dispositivi elettrici in grado di accumulare una grande quantità di carica "statica" con piccoli ingombri; tali dispositivi ad alta capacità elettrica sono chiamati condensatori.
    Un condensatore è costituito, nel caso più semplice (condensatori piani), da due lamine metalliche, chiamate "armature", separate da un isolante (il dielettrico).
    L'atto di applicare alle piastre piane del condensatore una differenza di potenziale elettrico viene definito "carica del condensatore", mentre quello di rimuovere le cariche elettriche tramite un conduttore che metta in corto circuito le due piastre si chiama "scarica del condensatore".
    Dal punto di vista sperimentale si evidenzia che, mentre il condensatore si carica o si scarica, il rapporto tra i moduli della carica e della differenza di potenziale rimane costante: C=Q/V (C è la capacità del condensatore, Q è la quantità di carica e V è la d.d.p.).
    Nel S.I. la capacità elettrica si misura in farad=coulomb/volt (il simbolo è F).
    L'espressione dell'energia potenziale elettrostatica immagazzinata nel sistema (attraverso l'operazione di carica) si ricava dalla definizione di potenziale elettrico, svolgendo un semplice integrale: L=C*(V^2)/2.
    La capacità di un condensatore dipende: 1) dalla superficie delle armature; 2) dalla distanza tra le due armature; 3) dal tipo di materiale isolante interposto tra le armature.
    Le forme costruttive dei condensatori possono essere svariate, la tendenza è quella di ottenere la massima superficie in relazione alle dimensioni e quindi all'ingombro.
    Non parlerò del collegamento di due o più condensatori in serie e in parallelo, rimando alla seguente dispensa:
    Condensatore elettrico
    Per concludere faccio un accenno ai vari impieghi dei condensatori: essi possono fungere da "filtri" della tensione raddrizzata (ad es. in un alimentatore), servono per il "rifasamento" dei carichi in c.a., nei circuiti oscillanti in Telecomunicazioni, nella tecnica radio e così via.
    Anche quando il condensatore non è presente si possono avere, in alcuni circuiti, degli effetti "capacitivi" indesiderati, di cui dovremo tenere conto nel progetto e/o nei calcoli.
    A presto

  8. #8
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    BIPOLI IN SERIE E IN PARALLELO
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    I bipoli, sia generatori che utilizzatori, possono essere collegati in vari modi: in serie, in parallelo e in configurazione mista
    Gli elementi possono essere uguali (ad es. 3 resistori in serie) oppure diversi (ad es. un resistore e un condensatore in parallelo).
    La configurazione mista si ha nel caso in cui alcuni elementi sono collegati in serie mentre altri in parallelo, nello stesso circuito (ad es. 2 resistori in parallelo, a loro volta in serie ad un condensatore).
    Per quanto questo tipo di collegamento possa essere complesso, esso è sempre riconducibile alle due connessioni fondamentali, quella in serie e quella in parallelo, attraverso sintesi successive.
    Anche i generatori, in particolare, possono essere connessi in serie, in parallelo e in configurazione mista.
    Nel collegamento serie si connette il polo positivo di un generatore col polo negativo di un altro generatore, in tal caso la fem totale è pari alla somma delle fem dei singoli generatori (la corrente massima è quella che passa nel generatore più piccolo, per cui conviene porre in serie generatori che hanno le stesse caratteristiche in modo da ottenere un utilizzo ottimizzato).
    Nel collegamento parallelo tutti i morsetti che hanno la stessa polarità sono collegati insieme (positivo con positivo e negativo con negativo), i generatori devono essere tutti uguali al fine di evitare che uno si scarichi sull'altro.
    La connessione mista tra generatori di solito viene effettuata per ottenere dei valori prestabiliti di tensione e quindi di potenza, si capisce che tramite questa configurazione è possibile ottenere delle "batterie" di alimentazione con determinate caratteristiche di potenza.
    A presto

  9. #9
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    I RESISTORI
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    Occorre distinguere tra il resistore, che fa riferimento al componente "fisico" circuitale, e la resistenza che rappresenta una proprietà del resistore stesso
    Da un punto di vista tecnico si può parlare di resistenza R riferendosi all'elemento fisico, l'importante è comprendere la differenza di terminologia.
    Ad ogni modo, come già sappiamo, il resistore è un bipolo passivo la cui resistenza si misura in ohm.
    Alcuni resistori sono costruiti artificialmente con differenti tecnologie, altri sono presenti ma "indesiderati" e si cerca in tutti i modi di minimizzarli (è sufficiente pensare alla resistenza delle linee di trasporto dell'energia elettrica).
    Tralasciamo per ora i resistori indesiderati, quelli costruiti artificialmente possono essere suddivisi in due categorie: i resistori fissi e i resistori variabili.
    I resistori fissi mantengono approssimativamente costante il loro valore resistivo e vengono usualmente impiegati come "campioni" nei circuiti di misura:
    Resistori | Circuitielettronici
    Normalmente hanno 4 bande colorate che consentono di stabilire il loro valore ohmico in base ad un "codice a colori":
    http://circuitielettronici.it/wp-con...re_4_bande.pdf
    I resistori variabili sono in pratica dei reostati (o potenziometri) che possono essere collegati in vari modi; importante in questo caso è la robustezza "meccanica" del componente, in particolare in relazione al contatto mobile.
    Il supporto isolante su cui viene avvolto l'elemento resistivo può essere di forma cilindrica (resistori variabili a filo) ma più spesso è di forma toroidale (a forma di "ciambella"): in quest'ultimo caso la variazione resistiva è regolabile mediante una manopola, ne risulta un utilizzo più comodo
    http://laboratorioscolastico.altervista.org/en_GB/2-potenziometri-e-reostatitrimmer-comunque-resistori-variabili/
    I reostati possono essere a variazione lineare o a variazione logaritmica: la regolazione ohmica di tipo logaritmico è utilizzata soprattutto per regolare il volume di un apparecchio acustico (infatti la sensazione uditiva varia con legge logaritmica), ciò che rende più piacevole la percezione del suono al nostro orecchio.
    Infine preciso che il reostato possiede tre piedini, per cui può essere utilizzato come partitore di tensione o di corrente
    A presto

  10. #10
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    I TERMISTORI
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    Alcuni materiali mostrano una spiccata dipendenza della loro resistività rispetto alla temperatura; con questi materiali è possibile costruire particolari resistori, chiamati termistori, la cui resistenza varia al variare della temperatura.
    Alcuni termistori conducono bene alle alte temperature, ossia la loro resistenza diminuisce all'aumentare della temperatura (hanno un coefficiente termico negativo): si chiamano termistori NTC.
    La variazione resistiva con la temperatura è piuttosto grande e la caratteristica R-T (resistenza-temperatura) mostra un andamento non lineare, ciò significa che il coefficiente di temperatura dipende dal tipo di materiale utilizzato e dalla stessa temperatura.
    Generalmente i materiali usati per la fabbricazione dei termistori NTC sono semiconduttori, si tratta di cristalli misti, vari ossidi (di ferro, di cobalto, ecc.) e composti al titanio.
    Come campo di applicazioni citiamo l'utilizzo come sensori termici e per la stabilizzazione di temperatura in circuiti a semiconduttore.
    Altri tipi di termistori conducono bene alle basse temperature, la loro resistenza aumenta all'aumentare della temperatura: sono i termistori PTC (a coefficiente termico positivo).
    In un certo "range" di temperature la resistenza del PTC aumenta fortemente (in modo quasi lineare), nella maggioranza dei casi l'aumento è di svariate decadi. Anche nel caso dei PTC, il valore del coefficiente di temperatura dipende dal tipo di materiale usato e dalla stessa temperatura di lavoro. Come materiali di fabbricazione vengono utilizzati composti ceramici con base in titanio.
    I termistori PTC sono molto usati nell'ambito del riscaldamento, come trasduttori termici, oppure, se alimentati in stato di auto-riscaldamento, come segnalatori di stati di pieno (ad es. nel caso di segnalatori di livello di serbatoi, ecc.).
    A presto

    Elemania

  11. #11
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    RESISTORI SPECIALI (VARISTORI - FOTORESISTORI - RETI RESISTIVE)
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    I varistori VDR sono particolari resistori la cui resistenza dipende fortemente dalla tensione a cui vengono sottoposti.
    Come elemento resistivo viene utilizzato generalmente il carburo di silicio (SiC), agglomerato con un legante ceramico.
    Varistori | Circuitielettronici
    La caratteristica V-I, non lineare, è rappresentata dalla seguente relazione: V=C*(I^b), in cui C e b sono costanti caratteristiche che dipendono dalla geometria del VDR.
    I varistori vengono utilizzati soprattutto per la stabilizzazione della tensione sia in c.c. che in c.a. e per la protezione contro le sovratensioni.

    I fotoresistori sono componenti con un valore resistivo che diminuisce all'aumentare dell'intensità luminosa che li colpisce.
    Come elemento viene utilizzato il solfuro di cadmio (CdS), usato spesso anche negli esposimetri.
    Il legame tra la quantità di luce che colpisce il componente e il valore resistivo non è lineare.
    Cos' e la fotoresistenza? E quali tipi esistono? | Nicola Reat |
    I fotoresistori vengono utilizzati come fototrasduttori o come rilevatori di luce.

    Le reti resistive sono formate da più resistori integrati in un chip costruito usando la tecnologia a film sottile.
    La geometria dei contenitori può essere di tipo SIL (Single In Line) oppure di tipo DIP (Dual In Line Package).
    reti resistive - Поиск в Google
    Il vantaggio delle reti resistive è quello di occupare poco spazio, in più consentono un facile e rapido assemblaggio rispetto ai componenti discreti; sono utilizzate soprattutto nei circuiti logici in cui sono richieste resistenze di piccola potenza e tutte uguali.
    A presto


  12. #12
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    I DIODI LED
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    Il nome LED è un acronimo che significa "diodo emettitore di luce".
    Sono componenti che hanno due terminali, chiamati anodo (il terminale positivo) e catodo (il terminale negativo), i quali devono essere collegati correttamente, in quanto la corrente può attraversarli solo in un verso.
    Vediamo di capire meglio il loro funzionamento: per poter emettere luce un LED deve essere percorso da una corrente elettrica, di norma compresa tra 10mA e 20mA, nel verso che va dall'anodo al catodo.
    Questo vuol dire che, per poter condurre, l'anodo deve essere a potenziale maggiore rispetto a quello del catodo, cioè in polarizzazione "diretta"; in caso contrario, cioè in polarizzazione "inversa", non si ha alcun passaggio di corrente.
    Quando il LED è in ON (acceso), la tensione ai suoi terminali varia a seconda del colore del LED stesso (ad es. giallo a 1.9V, verde a 2.0V, blu a 3.5V e così via). I vari colori emessi dipendono dal tipo di semiconduttore utilizzato per la costruzione del diodo.
    Esistono anche LED bicolori (di solito rosso e verde nella stessa calotta), che hanno 3 terminali, di cui quello centrale è il catodo comune.
    led bicolore - Поиск в Google

    I LED RGB sono LED tricolori (rosso, verde e blu) con 4 terminali: si può modificare l'intensità luminosa dei 3 LED al fine di creare tutta l'infinita gamma di colori possibili.
    led rgb - Поиск в Google

    Più LED collegati a griglia formano la cosiddetta "matrice di LED", usata ad esempio nei fari delle automobili e nei monitor.

    Per poter rappresentare le dieci cifre decimali è possibile utilizzare un display a 7 segmenti, costituito da 7 LED disposti in modo da illuminare le 7 "zone" di cui è composta una cifra più un ottavo LED per il punto decimale.
    Questi tipi di display hanno un piedino in comune (l'anodo o il catodo), ossia possono essere collegati ad anodo comune o a catodo comune.
    I LED sono pilotati da uno speciale chip di controllo, chiamato decoder-driver, che in ingresso riceve la cifra da rappresentare.
    Infine per poter visualizzare informazioni più complesse, vengono utilizzati i display a cristalli liquidi (LCD, vedi sotto):
    Non essendo possibile regolare la luminosità, ai LED viene applicato un segnale PWM (modulazione di larghezza degli impulsi), che in pratica consiste nello spegnere e accendere i LED molte volte in un secondo.

    Per fare ciò, però, c'è bisogno di un micro-controller integrato (ad esempio Arduino):
    Arduino – lezione 06: modulazione di larghezza di impulso (PWM)

    Nella precedente lezione abbiamo visto come progettare un controllo presenza in due stanze adiacenti in cui abbiamo utilizzato due pulsanti per simulare due sensori PIR (uno per ogni stanza) e due …
    www.maffucci.it

    A presto

    P.S. I display LCD, cioè a cristalli liquidi, utilizzano le proprietà chimico-fisiche di alcuni cristalli liquidi, ossia sostanze organiche che hanno uno stato "mesomorfico", a metà strada tra lo stato solido e quello liquido, in cui le molecole assumono un aspetto filamentoso (da cui il nome "nematic") e possono raggrupparsi orientandosi tutte nella stessa direzione.
    Trattando opportunamente le superfici dei contenitori (che possono essere di plastica trasparente o di vetro), è possibile ottenere dei cristalli liquidi orientati parallelamente o ortogonalmente rispetto alle lastre trasparenti.
    In generale posso dirti che le tecnologie sono due: quella dello "scattering dinamico" e quella ad effetto di campo con "nematici ruotati" (TN = twisted nematic).
    Cercherò di spiegartelo in modo molto semplice: considera il liquido nematico ad orientamento parallelo e prova a pensare a ruotare la lastra inferiore di 90°.
    Cosa succede alle molecole ?
    Esse rimarranno sempre parallele ma si disporranno come i gradini di una scala a chiocciola
    Ora, le lastrine di vetro vengono "trattate" con un materiale conduttore (trasparente) in modo che da un lato si formano i caratteri mentre dall'altra un elettrodo comune chiamato "backplane" .
    Il tutto viene racchiuso tra 2 polarizzatori i quali, secondo la direzione di polarizzazione, possono rendere la piastra inferiore riflettente o opaca.
    Se non c'è campo elettrico, la luce incidente non può raggiungere la superficie riflettente inferiore a causa della rotazione di 90°, per cui i segmenti non sono visibili.
    Se invece applichiamo un campo elettrico, ad es. una tensione di più di 2V di picco, le molecole si orientano parallelamente alla direzione del campo, la luce può così raggiungere la superficie riflettente dove viene riflessa e poi, tornando indietro, rende visibili i segmenti.
    La cosa interessante è che il sistema non produce luce ma semplicemente la controlla, ecco perché il consumo è molto basso.
    Per evitare l'elettrolisi la tensione di pilotaggio deve essere alternata, a frequenza che può arrivare anche a 300Hz.
    All'atto pratico, però, la tensione di pilotaggio è un'onda quadra (ci sarà bisogno di un decoder) e anche l'uscita del driver è un'onda quadra che potrà essere in fase o in controfase con la tensione di ingresso, a seconda che i segmenti siano rispettivamente in OFF (d.d.p. nulla al display) o in ON (d.d.p. con picco doppio ma valore medio nullo, senza alcuna componente continua).
    A presto

  13. #13
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    I TUBI A VUOTO (IL DIODO A VUOTO)
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    I primi componenti elettronici ad essere utilizzati sono stati i tubi a vuoto (diodi, triodi, ecc.); nonostante oggi non siano più usati, poiché sostituiti da elementi a semiconduttore, ritengo interessante, da un punto di vista didattico, fornire un accenno al loro funzionamento.
    Come si sa, nei materiali solidi gli atomi e le molecole oscillano attorno alla loro posizione di equilibrio, in dipendenza della loro temperatura (solo allo zero assoluto tali oscillazioni cesserebbero): maggiore è la temperatura, tanto più frequenti sono le oscillazioni termiche.
    In certi materiali, per effetto della maggiore energia termicamente acquisita, vengono liberati elettroni.
    Questo fenomeno viene chiamato "effetto termoionico".
    Riscaldando un pezzo di metallo, detto "catodo", posto all'interno di un'ampolla di vetro in cui è stato fatto il vuoto, verranno espulsi elettroni dal metallo. Di conseguenza il pezzo di metallo si carica positivamente, per cui attira gli elettroni e li riprende a sé.
    Essendo emessi di continuo nuovi elettroni, al di fuori del metallo esiste sempre un gran numero di elettroni, che formano una "nube" di carica spaziale intorno al metallo.
    Gli elettroni della nuvola di carica spaziale possono essere utilizzati per vari scopi.
    L'involucro di vetro che contiene il catodo viene provvisto di un secondo elettrodo metallico, detto "anodo".
    Quindi un diodo a vuoto è formato da un cilindro di vetro con i due elettrodi.
    Dando all'anodo una tensione positiva rispetto al catodo, l'anodo richiama gli elettroni carichi negativamente: attraverso il diodo scorre una certa corrente. Invertendo la polarizzazione della tensione, dando cioè all'anodo una tensione negativa rispetto al catodo, nel diodo non scorre alcuna corrente perché l'anodo negativo respinge gli elettroni: il diodo è "interdetto".
    Il fatto che il diodo a vuoto consenta il passaggio della corrente nel circuito anodico in un solo verso giustifica il nome di "valvole a vuoto", dato a questi componenti, per analogia con le valvole idrauliche, che fanno passare l'acqua in un solo verso.
    Il diodo a vuoto a due elettrodi, oggi sostituito dal diodo a semiconduttore, viene impiegato nella "rettificazione" della corrente elettrica (che vedremo in seguito).
    A presto

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  14. #14
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    IL TRIODO
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    Oggi illustrerò la costituzione e il funzionamento del triodo a vuoto, il precursore del transistor a semiconduttore.
    Interponendo un terzo elettrodo tra l'anodo e il catodo di un diodo a vuoto si va a "modulare" l'emissione di elettroni dal catodo; non dovendo ostacolare il passaggio di elettroni tra il catodo e l'anodo, il nuovo elettrodo avrà una struttura "a maglie", per questo motivo viene chiamato "griglia". Polarizzando positivamente la griglia, questa attrae un maggior numero di elettroni che andranno così ad aumentare la corrente anodica. Viceversa, polarizzando negativamente la griglia, si avrà un effetto repulsivo sugli elettroni con la conseguenza che la corrente anodica diminuirà.
    Si tratta di un fenomeno alquanto interessante: agendo sul potenziale di griglia, che assume quindi la funzione di potenziale di "controllo", e mantenendo costante il potenziale anodico, è possibile "modulare" la corrente anodica.
    C'è però un punto da precisare: la corrente anodica non può crescere all'infinito, all'aumentare del potenziale di griglia, da un certo punto in poi tale corrente non aumenterà più, anche aumentando la tensione sulla griglia.
    In questo caso si dice che il triodo ha raggiunto il suo "stato di saturazione".
    Viceversa, all'aumentare del potenziale negativo della griglia si otterrà l'effetto di respingere gli elettroni che tentano di passare sulla placca e di conseguenza cesserà la corrente anodica: il triodo è in "interdizione".
    Per quanto riguarda la curva caratteristica, c'è da osservare che la regolazione viene effettuata non più sulla tensione anodica, tenuta costante, ma sul potenziale di griglia, per cui, volendo tenere conto dei vari valori di tale tensione all'anodo, dovremo costruire più curve caratteristiche, una per ciascun valore considerato.
    Si ha, quindi, non una sola curva, come accade nel caso del diodo a vuoto, ma una "famiglia di curve" su un grafico che prende il nome di "mutua caratteristica" del triodo.
    In conclusione mi preme evidenziare un'importante caratteristica del triodo per fini applicativi: per piccole variazioni del potenziale di griglia si ottengono grandi variazioni della corrente all'anodo; questa caratteristica viene denominata "effetto amplificatore" della valvola con tre elettrodi.
    A presto

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  15. #15
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    IL DIODO A GIUNZIONE
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    Nei miei articoli dedicati alle "nanotecnologie", a cui rimando per ulteriori delucidazioni, ho svolto alcune considerazioni sul drogaggio dei semiconduttori e sulla giunzione P-N: sono proprio le caratteristiche di tale giunzione P-N ad essere sfruttate nei diodi a semiconduttore (composti, per l'appunto, da una zona di tipo P e da una zona di tipo N poste all'interno di un "package").
    Quando la giunzione P-N è polarizzata direttamente, cioè quando la tensione esterna ha il morsetto positivo collegato alla zona P (anodo), il diodo possiede una resistenza molto bassa e quindi consente il passaggio di corrente; quando, viceversa, la giunzione P-N è polarizzata inversamente, cioè quando la zona P è collegata al polo negativo della batteria, il diodo presenta una resistenza molto alta e quindi impedisce il passaggio di corrente (si dice che il diodo è "interdetto").
    Questo comportamento ha implicazioni di notevole importanza, si tratta del comportamento tipico di un raddrizzatore a cristallo: il diodo a giunzione è paragonabile ad una valvola di non ritorno, in cui la corrente (fluida, nel caso di una valvola idraulica) scorre in una sola direzione e viene bloccata nell'altra.
    La precisa dipendenza tra la corrente e la tensione in un diodo a semiconduttore viene descritta dalla caratteristica volt-amperometrica, in cui in ascisse viene riportata la tensione V e in ordinate la corrente I.
    In polarizzazione diretta, la corrente inizia a circolare quando la tensione applicata al diodo supera un certo valore, detto "di soglia", che nel caso dei diodi al Silicio è di circa 0.6V.
    In polarizzazione inversa circola una corrente molto piccola, che non dipende da V ma soltando dalla temperatura.
    Voglio precisare che il diodo non deve essere sovraccaricato: i valori di massima corrente diretta e di massima tensione inversa vengono forniti dal produttore e non possono essere oltrepassati.
    Se si supera la massima tensione inversa (tensione di "breakdown", ossia di rottura), stabilita dal costruttore, è possibile che si verifichino rotture impreviste dei legami covalenti che possono portare al danneggiamento irreversibile del diodo.
    La rottura dei legami covalenti può avvenire sia per effetto del calore che per effetto "Zener" (sull'effetto Zener non mi soffermerò, al momento).
    La curva caratteristica V-I di un diodo, contrariamente a quella di un resistore, non è lineare, cioè il legame tra la tensione e la corrente è un legame di tipo non lineare (il diodo non segue la legge di Ohm).
    All'atto pratico viene utilizzato un procedimento di "linearizzazione" delle caratteristiche del diodo, che si sviluppa attraverso alcuni modelli circuitali "equivalenti" il cui impiego varia a seconda del grado di approssimazione richiesto.
    A presto


    P.S. Non l'ho specificato ma il diodo è il componente strutturale più adatto al raddrizzamento di correnti alternate.
    http://www.edutecnica.it/elettronica/diodo/diodo.htm

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