È tempo invernale e sembra quindi quasi inevitabile tornare ancora una volta a parlare di influenza. Stavolta, per fortuna,soltanto per ricordare cosa stava succedendo di questi tempi soltanto un anno fa, in piena bufera mediatica per la pandemia da virus H1N1 "suino", che a partire dall'estate aveva progressivamente riempito le pagine dei giornali e i notiziari televisivi.
Ricordate? Ripercorriamo qualche titolo:
- Repubblica, 14 luglio 2009: "Impossibile fermare la pandemia" - nel testo: "In autunno la febbre colpirà un italiano su 4, circa 15 milioni di persone. E ucciderà dalle 15 alle 20 mila persone".
- Corriere della Sera, 27 luglio 2009: "Influenza A, primo morto Italiano".
- Repubblica, 21 novembre 2009: "Influenza A,il virus è mutato, tre casi in Norvegia,è allarme".
Ma anche a livello internazionale:
- Time, 24 agosto 2009: "Più di due miliardi di persone al mondo possono essere infettate. Migliaia di scuole possono essere chiuse. E milioni di persone dovranno essere vaccinate".
A questo fenomeno di panico globale è stata peraltro corresponsabile anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che aveva di fatto alzato l'allarme ai massimi livelli,
definendo la pandemia "inarrestabile" e spingendo i Paesi all'acquisto di un vaccino prodotto, in fretta e furia e con grande soddisfazione economica, da diverse multinazionali del farmaco.
Lo Stato italiano ha sottoscritto un contratto 184 milioni di euro con una di queste multinazionali
per l'acquisto di 24 milioni di confezioni di vaccino anti-influenza H1N1.
Di queste, apparentemente ne è stato utilizzato soltanto il 10%.
A conti fatti, l'influenza "suina" è risultata essere più di 10 volte meno virulenta della "normale" influenza stagionale.
Nel rileggere queste cifre, rimane peraltro interessante cercare di comprendere perché si vengano ripetutamente a creare simili esplosioni di allarmismo mediatico che poi di fatto evaporano lasciando poco o nulla.
Una decina di anni fa è stato il caso del morbo della "mucca pazza", ovvero l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), una forma di demenza trasmessa, in un centinaio di casi, all' uomo da bovini malati in Gran Bretagna.
Risultato? Enorme allarme in tutta Europa, e, in Italia, messa al bando dal 2001 al 2005 della bistecca alla fiorentina, con rilevanti conseguenze economiche nel comparto zootecnologico, che ha mostrato perdite stimate superiori ai due miliardi di Euro.
Tutto ciò mentre, in realtà, in Italia, a partire dal 2001, sono stati riscontrati a tutt'oggi soltanto 144 casi di mucche con la BSE a fronte di 6 milioni di test obbligatori eseguiti sui bovini (fortunate le aziende produttrici dei test!) e solo un paio di contagi umani (peraltro dubbi).
Dopo la mucca pazza, l’influenza "aviaria": nel 2004-2005 si temeva che il virus dell’influenza degli uccelli (tipo H5N1), che infetta molte centinaia di milioni di uccelli, inclusi diverse specie di interesse alimentare, specialmente nel Sud Est Asiatico, potesse adattarsi all’uomo e scatenare una pandemia mortale.
Ricordate la massiccia campagna scatenata dai giornali italiani?
E la corsa alle farmacie svizzere per rifornirsi degli allora nuovi farmaci antiinfluenzali?
Risultato:
meno di 500 casi accertati in tutto il mondo, frutto quasi esclusivo della trasmissione diretta dagli uccelli infettati all’uomo -
l’influenza stagionale "normale" è responsabile di più di 5000 decessi solo in Italia ogni anno.
Per porre ulteriormente queste cifre nella giusta proporzione, sembra anche importante ricordare che in Europa vivono 6.5 milioni di persone con scompenso cardiaco, e che metà di queste è destinate a morire entro 4 anni dalla diagnosi; che, sempre in Europa, il 40% delle persone sopra gli 80 anni sviluppa il morbo di Alzheimer; che 50 milioni di persone sono affette dal diabete e soffrono delle sue gravi complicanze;
che più del 10% dei pazienti dopo i 65 soffrono di degenerazione maculare, una patologia dell’occhio che porta alla cecità. Ed inoltre, che ogni giorno in Italia si verificano quasi 600 incidenti stradali che provocano la morte di 13 persone ed il ferimento di altre 849, per un totale di 4.700 decessi all’anno (dati del 2008).
Ed allora perché tanto allarmismo per l’influenza suina, aviaria e la BSE?
Forse perché si tratta di malattie infettive, che evocano quindi lo spettro delle grandi pandemie del passato, quelle di peste o di vaiolo che erano in grado di decimare (in maniera letterale) la popolazione?
Oppure perché sostenute da un giornalismo spesso disinformato, alla ricerca del sensazionalismo piuttosto che della notizia pesata?
O, ancora, perché esistono più o meno palesi interessi economici di chi vende vaccini, farmaci, test diagnostici o gel disinfettanti per lavare le mani? Probabilmente un po’ tutto di questo. Viviamo, questo è ormai chiaro, in una società globale che si muove a ritmo frenetico, sostenuta da un’informazione gridata e spesso non validata (basti pensare a tutto ciò che si trova in internet: molta informazione, poca conoscenza), ed in cui la capacità di riflettere e ponderare sembra un lusso che nessuno può più potersi permettere.
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